Come mai Adele fa piangere

Segnalatomi da un amico (oiraM – nome in codice – che ringrazio) adepto di SoloFrammenti , riporto un estratto da un articolo del Post, a sua volta ripreso dal Wall Street Journal, in cui viene analizzata Someone Like You di Adele per le già note proprietà coadiuvanti  all’apertura delle dighe del pianto.

«….Quando la musica esce dall’andamento previsto  il nostro sistema nervoso, già molto coinvolto, si allerta; aumenta il battito cardiaco e cominciamo a sudare.

La musica che suscita forti emozioni, secondo uno studio condotto da un team di neuroscienziati alla McGill University, rilascia dopamine nell’area del cervello con cui percepiamo il piacere, un po’ come il cibo, le droghe o il sesso. Siamo quindi portati a ripetere l’esperienza: più emozioni ci suscita una canzone, siano queste felici o tristi, più desideriamo ascoltarla. Per questo Someone Like You è una canzone così popolare.….» Continua a leggere

BIC RUNGA – Get Some Sleep

Dio, come sono intristito. Nel corso della settimana sono riuscito qui e là ad ascoltare tutte le canzoni di Sanremo e temo fortemente che per la prima volta in tanti anni non chiamerò gli amici sabato sera per la consueta serata trash sanremese, in cui ascoltiamo le canzoni in religioso silenzio, commentando poi il pezzo, l’esecuzione e il look dei partecipanti mettendo musica e moda sullo stesso piano qualunquistico a 360 gradi, con giudizi a priori e, soprattutto, perdendo decine di occasioni di tenere la bocca chiusa.
Dà sempre un bel po’ di soddisfazione, ammettiamolo, lasciarsi andare alla configurazione mentale da ‘sciampista‘: d’altra parte è sabato anche per i premi Nobel, mica possiamo fare gli intelligentoni per tutta la settimana, giusto?

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MATIA BAZAR | Cavallo bianco

Vi ricordate quando Ale ha scritto il suo post su Jeff Healey e la sua rivisitazione di “While my guitar gently weeps”? E vi ricordate come io dissi che il ritornello mi rimandava a “C’è tutto un mondo attorno” dei Matia Bazar? Scommetto che non rimembrate, ma non importa. Me lo ricordo io però, e tanto basta per questa cosa che voglio fare: quando suggerii il parallelo, Ale disse “Beh, dipende di quali Matia Bazar stiamo parlando”. INFATTI. Dipende proprio da quello.

Perché ovviamente per me i Matia Bazar sono quelli dal 1975 al 1989, quelli con la Ruggiero per intenderci. E non solo con lei: diciamo che per me i Matia Bazar sono QUELLI LA’ (la Ruggiero appunto, Aldo Stellita, Riccardo Marrale, Giancarlo Golzi e un po’ di alternanza alle tastiere… infatti questi membri non li ricordo mai, a parte quello attuale, che poi è anche quello degli inizi inizi Piero Cassano nonché probabilmente il meno meritevole di occupare 15 bit della mia memoria affaticata).

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SIA [FURLER] | Breathe Me

L’intensità e il tema dell’ultimo intervento della mia coinquilina Valeria hanno avuto notevoli conseguenze sulla pianificazione annuale dei miei post. Quindi, ahimè, ahivoi, ahieverybody, l’annunciata dissertazione sulle Bananarama, preludio al monumentale saggio su Britney Spears con grafici A COLORI dimostranti la relazione e il valore, inversamente proporzionali, tra il peso DI LEI e della DI LEI MUSICA nel panorama internazionale bla bla bla e altro ancora…..non saranno pubblicati che a febbraio 2013 per far posto a un frammento più adeguato al mood attuale.

Ecco che la scelta è caduta allora su Breathe me di SIA.
L’analogia con il tema funereo non è tanto nel testo del brano quanto al mio imprinting con esso, strettamente legato a una serie Tv particolare (potrei dire d’elite), che ho seguito in solitudine ma con grande interesse, il cui tema principale è la morte, sia quella vera che quella evocata nella non vita dei protagonisti. Si tratta di Six Feet Under, dal titolo strano ma molto eloquente (si tratta della profondità a cui viene interrata una bara) che già ci dà un bell’indizio sul peso del prodotto.

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FABRIZIO DE ANDRE’ | Preghiera in gennaio

Ho rimandato, ho temporeggiato ma alla fine ho dovuto affrontare questa canzone che mi aspetta da molto: Preghiera in gennaio  di Fabrizio De Andrè.

Affrontando essa mi cimento in una doppia sfida: parlare di Fabrizio De Andrè e della Grande Mietitrice.

Fabrizio De Andrè è il primo cantante italiano che pubblico in questo blog, e direi che va bene così. Ascolto molti artisti italiani e con il tempo arriveranno anche loro. Ma per De Andrè nutro una venerazione che ha poco a che fare con la musica, e molto a che vedere con la sua capacità di scrittura. Per chi lo conosce, inutile tentare di aggiungere qualcosa su di lui, hanno detto tutto. Per chi non lo conosce, solo un consiglio: non indugiate oltre, cominciate con l’antologia “In direzione ostinata e contraria”, che vi terrà magnificamente occupati per un bel po’, e ASCOLTATE. Dopo aver ascoltato STUPITEVI MA CREDETECI… è esistita una persona che riusciva ad affrontare certi concetti e certe storie come lo ha fatto lui: mai una forzatura e mai una parola sbagliata. Qualche risata (amara) è assicurata, personalmente il sentimento che mi pervade più spesso quando ascolto De Andrè è la commozione: La guerra di Piero, La ballata dell’eroe, Inverno, Ho visto Nina volare sono alcune tra le mie preferite.

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DEPECHE MODE | Photographic

Per gennaio avevo promesso strazio e cordoglio, e invece, da quell’insopportabile DONNA che sono, cambio improvvisamente idea ma  la spiegazione di questo voltafaccia convincerà anche i più esigenti: perché si!

Date in premessa tutte le spiegazioni del caso, passo ad introdurre il gruppo: i Depeche Mode, che non è che abbiano poi bisogno di chissà che presentazioni…. TUTTI li hanno sentiti nominare e TUTTI conoscono almeno una loro canzone (facilmente ben più di una).  Decenni di attività, successi, eccessi e tragedie e la capacità di venirne fuori sempre con onore ne fanno una band inossidabile senza per questo avere mai assunto lo status di  “vecchi dinosauri”, anzi… agli esordi innovatori  alfieri dell’elettro-pop, negli anni hanno tenuto duro (con gli obbligatori aggiustamenti che derivano dall’esperienza e dall’evoluzione dei gusti) confermandosi, in un certo panorama musicale, come un gruppo che ci ha visto giusto quasi sempre.

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ARCTIC MONKEYS | Mardy Bum

Domenica mattina presto, e sono di nuovo qua: viva e vegeta o meglio, come disse qualcun altro, sono viva e vegeto.

Ancor prima di entrare in argomento, permettetemi una divagazione (cominciamo bene!) nonché precisazione: io NON odio il Natale; ho solo espresso la mia antipatia per l’imposizione consumistica del Natale come primizia perché ogni frutto ha la sua stagione! Anzi, vi dirò di più: ho amato molto questo periodo, e non solo durante l’infanzia. L’ho amato anche fino a non molti anni fa, e rimangono a testimoniare questo mio affetto rami raccolti nel bosco, addobbi in pasta di sale, stelle di natale intagliate nel cartoncino costi quel che costi (ricordo che costarono almeno un paio di vesciche dove poggiavano le forbici). Negli ultimi anni però alcuni accadimenti hanno definitivamente spogliato la festività della sua magia, non ultimo il fatto che il mio lavoro mi porta a sgobbare come non mai da un po’ prima di adesso fino a fine gennaio, e quindi sono ormai costretta ad alimentare l’esigua fiammella della “fede natalizia” a botte di diavolina ad uso e consumo dei miei due carissimi Natali Piccolini (eh già, anch’io ne ho due).

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NATALI PICCOLINI | Volevo dirti

Natale è alle porte. Evviva. Yuhuuuuu!
Ma yuhuu o no (e direi no), è un momento con cui tutti dobbiamo fare i conti, il percorso obbligato da cui si dovrà per forza passare, le cui insidie sono circa quelle che a Monopoli  promette il passaggio per le zone di Parco della Vittoria.
Ne usciremo vivi, sì, ma non indenni. Mai!

Per vincere la mia cronica idiosincrasia verso il Natale, e più precisamente verso il periodo immediatamente precedente, quello in cui tutti si dichiarano più buoni (ma come? Brutti ipocriti, e cosa combinate gli altri 11 mesi! Io buono lo sono tutto l’anno!!!), qualche tempo fa tentai un percorso di avvicinamento, riappacificazione,  sfruttando la mia passione per la musica.
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A-HA | Butterfly (The Last Hurrah)

In questo post spezzerò una lancia per gli A-Ha creando un ponte (lungo? no,  più lungo) tra loro e altre due band, oserei dire, leggendarie.

Mi farete a pezzi ma, fiero e spigliato io, come e più della ‘ragazza che limona sola’  (altra leggenda gli Elii, e minaccio di parlare del ponte tra loro e i Vianella in futuro, in caso ne avessi ancora uno), affronterò la prova che, ben conscio delle evidenti difficoltà a cui andavo incontro, avevo in un primo tempo pensato di intitolare “Il Ginepraio”.

Ebbene: gli A-Ha sono tra le band più sottovalutate di sempre.
Lo penso da qualche centinaio di mesi ma lo dico colpevolmente solo ora che almeno siamo in due, avendo saputo di una dichiarazione simile di “the Edge”, più conosciuto come Sua Maestà Imperiale, divino Maestro pizzicatore di corde, degli U2. Continua a leggere

ALICE IN CHAINS | Rotten apple

Primo dicembre 2011…. Per coloro i quali si aspettano che da oggi sarà tutto un pubblicare di Bianco Natale e Santa Claus Super Sledge faccio presenti due cose:

1) Con rigore teutonico io apro le danze natalizie sempre e dopo ancora il giorno dell’Immacolata (8 dicembre). Prima di quella data, gli addobbi prematuri che ornano i nostri centri commerciali vengono da me ostentatamente ignorati e intimamente deprecati;

2) Non potete aspettarvi che poche ore nel nuovo mese mi siano bastate per lasciarmi alle spalle novembre, il mese che da sempre per me (e per tutti immagino) è lo spazio temporale in cui si ricordano i defunti. Troppa sfiga? Io non la penso così: è positivo e necessario guardare avanti, avere nuovi stimoli, non farsi mettere all’angolo dai rimpianti ma trovo altrettanto bello e doveroso ritagliarsi dei momenti per ricordare coloro i quali non ci sono più ma che hanno contribuito anch’essi a modellare il nostro mondo e il nostro modo di essere.

Tutto il pistolotto di cui sopra per spiegare (o giustificare?) il presente frammento: Rotten apple degli Alice in chains. Continua a leggere