UNBELIEVABLE TRUTH | A Name

Grande scoperta! Il fratello minore di un depresso, facilmente sarà…depresso. Brutta e brutta cosa. Ereditaria.
Come lo so? HA! (risata – singola – di superiorità).

<Potrei>
[In questo blocco di testo, compresa questa frase,
potrei usare troppe volte la parola “potrei”.]

Potrei dire che lo so perchè ho studiato con i neuroscienziati della McGill University (gli stessi dell’articolo sui superpoteri delle canzoni di Adele che fanno piangere Tyson e le compagne del corso di ricamo) oppure perchè attento osservatore, colgo ogni sfumatura della società in cui vivo oppure ancora per l’ultimo saggio letto sull’argomento (regalato poi a un bimbo mio vicino di casa sempre solo perchè potesse usarlo come compagno sull’altalena).

Potrei. Anzi, magari potrei potessi.
Invece sono io, sempre uguale a me stesso,  grande sfoggio della superficialità più sbruffona esibita come conoscenza approfondita mentre, come gli anziani, registrato un unico piccolo particolare – magari casuale – nella galassia di un argomento, lo promuovo assioma e forte di questo, come Mosè do le tavole.

Il piccolo particolare a sostegno della tesi di questa puntata è l’intero del frammento, ovvero la canzone “A Name” degli Unbelievable Truth. Anzi il suo autore. Continua a leggere

Come mai Adele fa piangere

Segnalatomi da un amico (oiraM – nome in codice – che ringrazio) adepto di SoloFrammenti , riporto un estratto da un articolo del Post, a sua volta ripreso dal Wall Street Journal, in cui viene analizzata Someone Like You di Adele per le già note proprietà coadiuvanti  all’apertura delle dighe del pianto.

«….Quando la musica esce dall’andamento previsto  il nostro sistema nervoso, già molto coinvolto, si allerta; aumenta il battito cardiaco e cominciamo a sudare.

La musica che suscita forti emozioni, secondo uno studio condotto da un team di neuroscienziati alla McGill University, rilascia dopamine nell’area del cervello con cui percepiamo il piacere, un po’ come il cibo, le droghe o il sesso. Siamo quindi portati a ripetere l’esperienza: più emozioni ci suscita una canzone, siano queste felici o tristi, più desideriamo ascoltarla. Per questo Someone Like You è una canzone così popolare.….» Continua a leggere

BIC RUNGA – Get Some Sleep

Dio, come sono intristito. Nel corso della settimana sono riuscito qui e là ad ascoltare tutte le canzoni di Sanremo e temo fortemente che per la prima volta in tanti anni non chiamerò gli amici sabato sera per la consueta serata trash sanremese, in cui ascoltiamo le canzoni in religioso silenzio, commentando poi il pezzo, l’esecuzione e il look dei partecipanti mettendo musica e moda sullo stesso piano qualunquistico a 360 gradi, con giudizi a priori e, soprattutto, perdendo decine di occasioni di tenere la bocca chiusa.
Dà sempre un bel po’ di soddisfazione, ammettiamolo, lasciarsi andare alla configurazione mentale da ‘sciampista‘: d’altra parte è sabato anche per i premi Nobel, mica possiamo fare gli intelligentoni per tutta la settimana, giusto?

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MATIA BAZAR | Cavallo bianco

Vi ricordate quando Ale ha scritto il suo post su Jeff Healey e la sua rivisitazione di “While my guitar gently weeps”? E vi ricordate come io dissi che il ritornello mi rimandava a “C’è tutto un mondo attorno” dei Matia Bazar? Scommetto che non rimembrate, ma non importa. Me lo ricordo io però, e tanto basta per questa cosa che voglio fare: quando suggerii il parallelo, Ale disse “Beh, dipende di quali Matia Bazar stiamo parlando”. INFATTI. Dipende proprio da quello.

Perché ovviamente per me i Matia Bazar sono quelli dal 1975 al 1989, quelli con la Ruggiero per intenderci. E non solo con lei: diciamo che per me i Matia Bazar sono QUELLI LA’ (la Ruggiero appunto, Aldo Stellita, Riccardo Marrale, Giancarlo Golzi e un po’ di alternanza alle tastiere… infatti questi membri non li ricordo mai, a parte quello attuale, che poi è anche quello degli inizi inizi Piero Cassano nonché probabilmente il meno meritevole di occupare 15 bit della mia memoria affaticata).

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SIA [FURLER] | Breathe Me

L’intensità e il tema dell’ultimo intervento della mia coinquilina Valeria hanno avuto notevoli conseguenze sulla pianificazione annuale dei miei post. Quindi, ahimè, ahivoi, ahieverybody, l’annunciata dissertazione sulle Bananarama, preludio al monumentale saggio su Britney Spears con grafici A COLORI dimostranti la relazione e il valore, inversamente proporzionali, tra il peso DI LEI e della DI LEI MUSICA nel panorama internazionale bla bla bla e altro ancora…..non saranno pubblicati che a febbraio 2013 per far posto a un frammento più adeguato al mood attuale.

Ecco che la scelta è caduta allora su Breathe me di SIA.
L’analogia con il tema funereo non è tanto nel testo del brano quanto al mio imprinting con esso, strettamente legato a una serie Tv particolare (potrei dire d’elite), che ho seguito in solitudine ma con grande interesse, il cui tema principale è la morte, sia quella vera che quella evocata nella non vita dei protagonisti. Si tratta di Six Feet Under, dal titolo strano ma molto eloquente (si tratta della profondità a cui viene interrata una bara) che già ci dà un bell’indizio sul peso del prodotto.

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