Sapete? Sono un tipo strano.
Se sono triste ascolto musica triste, invece quando sono felice (ma anche quando sono ‘medio’) ascolto musica…triste.
Ed è un peccato, perchè sono anni che ho il cd single di Barbie Girl, comprato appositamente per non trovarmi impreparato in caso volessi ascoltare qualcosa di divertente. Ma quel giorno (quello di Barbie Girl, intendo) per fortuna non arriverà mai. Sto quindi pensando di venderlo. Il cd è nuovo, ancora incellofanato, credo anche valga anche un sacco di soldi (la musica di qualità si rivaluta nel tempo), diventerò ricco e ancora più felice.
E proprio in previsione di questo momento di felicità, ecco la mia proposta a 360°, per i tristi che vogliono la musica triste e per i felici che vogliono la musica (quanto mi piace questa parola oggi!) triste . Per molti. Per tutti.
Si tratta di un brano di qualche tempo fa che, manco a dirlo, al primo ascolto mi stese completamente. “Che gran fighi questi, chitarra e arrangiamento bellissimi, ma è soprattutto al canzone che è fantastica”.
Naturalmente, da capra quale ero e sono, mai avrei immaginato che il brano fosse una cover dei Beatles, più precisamente un brano scritto non da Lennon/McCartney, ma un miracolo uscito invece dalla penna di George Harrison.
Lo so, sono colpevole e mi vergogno tanto, ma non sono ferratissimo sui Beatles anche se vorrei ritornarci su, perchè lo si sa, lo sanno anche i sassi e pure Luzzato Fegiz per una volta sarebbe d’accordo. Che ne vale la pena.
Ma sono sempre stato frenato dall’età delle registrazioni, dai suoni che per evidenti limiti tecnici dell’epoca, sono qualitativamente limitati e che, ahimè, faccio fatica a digerire, non riesco a smuovermi da questo ‘pregiudizio’.
Me ne dispiaccio molto anche perchè – e qui cosa potrei dire di nuovo – dal punto di vista compositivo la struttura delle loro canzoni è spesso pazzesca: imprevedibile ma accessibile, con giri armonici così obliqui che non fatico a pensare che all’epoca – magari non in Inghilterra, ma di sicuro in Italia (mia nonna non lasciava mia madre andare alle feste perchè c’era la musica del diavolo) – fosse quasi uno scandalo, un po’ come entrare in chiesa alla messa delle 11.00 con il costume bianco di quel modello di Dolce&Gabbana. Mi sono spiegato, vero?
Dopo che il notaio di turno, giustamente, mi fece notare (notaio) la notoria (notaio) paternità del brano, curioso andai ad ascoltarmi l’originale e…..beh, la canzone è quella con tutte le notine al loro posto. Ma a mi no la me piase.
Sarà che l’imprinting l’ho ricevuto sull’altra, sarà che l’originale suona per nulla vigorosa, neanche intimista bensì…fiacca? Melensa? Ecco.
Sta di fatto che, stima a Harrison immutata (anzi, cresciuta), ritornai subito alla cover di Jeff Healey Band.
Il frontman del gruppo è Jeff Healey, cieco quasi dalla nascita a causa di un retinoblastoma, suonava la chitarra da autodidatta in modo a dir poco originale: immaginatelo seduto suonando una tastiera sulle ginocchia.E sostituite alla tastiera la chitarra. Fico, vero?
Per uno come me che avrebbe voluto da sempre imparare a suonarla (perchè è uno strumento che mi piace, perchè è trasportabile e suona anche senza alimentazione, perchè sulla spiaggia potevi rimorchiare) è sempre stato un cruccio constatare di avere delle sinapsi così asine e pigre, ferme, immobili, cristallizzate: tutte quelle cruciali per diventare chitarrista, e a ogni drammatico insuccesso le mie constatazioni erano sempre le stesse: 1) mi si tagliavano le dita dopo il secondo accordo [orrore: avrei potuto suonare solo le canzoni di Guccini] 2) “Ma come si fa a ricordarsi tutte le posizioni? E come può essere umanamente possibile che si possa suonare un accordo al secondo?” 3) Viva il pianoforte. E’ più facile. (porta dello sgabuzzino aperta, chitarra, porta dello sgabuzzino chiusa).
Chiedo scusa, finisco sempre per parlare di me, vi sembrerò un egocentrico (qual è la telecamera?).
Ma torniamo a Jeff: il talentuoso chitarrista purtroppo non è che sia stato granchè fortunato: infatti muore nel 2008 poco più che quarantenne per una conseguenza dello stesso retinoblastoma che da bambino lo ha reso cieco. Pace all’anima sua.
Dal punto di vista musicale segnalo il primo album See the light (che non contiene While my guitar, che è nel secondo Hell to pay, ma di cui ricordo I need to be loved e Angel eyes) che fu il maggiore successo del gruppo e che anch’io ascoltai parecchio. Dopo l’esordio col botto, le altre prove del gruppo furono meno incisive e interessanti, fino allo scioglimento, momento in cui Jeff Healey decise di cambiare rotta e iniziò a suonare la tromba (e lo fece anche bene….le sinapsi….) spostando il baricentro sul jazz con un repertorio quasi completamente di cover. Anche questa esperienza ebbe un certo riscontro di critica e pubblico, ma di certo molto diverso dalla visibilità avuta con la band.
Senza dubbio la mia song preferita del gruppo è “While my guitar..“: mi piace la voce da sola, mi piace il controcanto, l’inciso è così bello che mi commuove ad ogni ascolto (e oggi sono a quota 12) ed è come tutti i ritornelli dovrebbero essere: un colpo d’ali improvviso che ti fa galleggiare, fino all’ultima nota (e non è per momenti come questi che si ama la musica?)
WOW! Tutte queste qualità con pochi ingredienti: già, pochi.
Ma anche se ieri mi sono gustato – fino a star male – più di un mattone di lasagne al forno con i peperoni, concordo sul fatto che spesso la buona cucina si ottiene per sottrazione.
E qui l’arrangiamento infatti è molto scarno (oltre a basso batteria chitarra c’è solo un organo nel ritornello e due note due di pianoforte) e volutamente ruvido, dove la chitarra di Healey è protagonista dal primo all’ultimo secondo.
E c’è solo una parola per definire la grandiosità di questo assolo lungo tutta la canzone ma, non so, la scrivo? Non vorrei urtare la sensibilità di qualcuno o, peggio, giocarmi qualche follower dell’istituto canossiano (magari quella Suor Maria, che – all’epoca avevo 15 anni e suonavo l’organo a messa – dopo un’occhiata da vendicatrice in diretta, dietro le quinte mi fece una scenata perchè nel silenzio totale durante un funerale sussurrai spazientito “…ma Madonna!” troppo forte (molto forte, in effetti), perchè dopo la quinta volta che la lettrice della preghiera dei Fedeli a ogni virgola faceva sembrare la frase finita, io – sbagliando, perchè poi lei ripartiva – attaccavo con la nota-guida per far partire il ‘jingle’ del coro).
La dico? Non la dico? Ok, va bene.
Orgasmo. (Naturalmente è un fatto personale, l’anorgasmia potrebbe essere del tutto normale anche durante l’ascolto dell’assolo in questo brano. Ci tenevo a precisarlo. E comunque non sono interessato ad avere un campione statistico su questo argomento).
In un post precedente (“Suede – We are the pigs” tra l’altro piaciuto quasi zero con i decimali a Valeria) cantai le lodi della chitarra magica di Bernard Butler, da me salutata come uno dei motivi musicali per essere fieri di aver vissuto non solo la propria vita, ma vissuto negli anni 90.
Ecco, Valeria, questo è L’ALTRO motivo.
E chissà se ce ne saranno ancora, quindi ascolta con attenzione il frammento e potrai anche tu (ai tuoi figli, ai tuoi nipoti ma, perchè no, anche alle cene di lavoro, superba, dopo aver ballato sul tavolo dell’amministratore delegato) rivelare con finta nonchalanche – che non è altro che ostentata superiorità – “io c’ero (e non mi è piaciuto NIENTE!)”.
Il frammento, fosse per me, sarebbe tutta la canzone, perchè qui o là, strofa o ritornello, tutto mi fa lo stesso effetto: quello di essere pronto per una donazione di midollo spinale, tanto in profondità mi trafigge.
Seppure in difficoltà, scelgo i ritornello.
Che il colpo d’ala vi porti su a galleggiare, sospesi. E vi voglio tutti là sull’angolo del soffitto, come i palloncini delle giostre, il giorno dopo.
5stelle
Il frammento
Il link al brano completo
Se puoi ascolta l’album Let it Be in vinile. E’ lì che i Beatles si amano davvero..
Sento di doverti ringraziare perché mi hai appena fatto conoscere un’ulteriore versione di quella che è probabilmente la mia canzone preferita dei quattro di Liverpool (dico probabilmente perché tendo a cambiare idea a seconda dell’umidità).
Premetto che ho quasi l’intera discografia dei Beatles sull’mp3 dall’inizio dei tempi (chi dice che noi ciòfani ascoltiamo solo musica moderna senz’anima? Quando tua madre ti sveglia ogni sabato e domenica della tua vita sparandoti Sgt. Pepper a manetta nelle orecchie mentre si dà alle pulizie usando la scopa come microfono è impossibile non scolpirti le loro canzoni nel cervello tanto in profondità da farle diventare la colonna sonora della tua breve e noiosa vita), per non parlare delle varie cover che ne sono state fatte, anche se non sempre – anzi quasi mai – sono all’altezza delle originali (motivo per cui la prima volta che ho visto Across the Universe ho pianto di giuoia). George in particolare è sempre stato il mio preferito (una passione segreta per i tipi magri secchi e taciturni? Chi, io?), tanto che ho consumato il cd “The Best of George Harrison”, regalo di mammuzza bedda, da quanto l’ho ascoltato.
Di questa particolare canzone preferisco la versione scarna e disadorna con semplice chitarra acustica suonata da George, perché differisce da quella ufficiale dei Beatles aggiungendo un’ulteriore strofa in cui sta quella che personalmente è la mia frase preferita dell’intero brano (“‘Cause I’m sitting here doing nothing but aging”), che ogni volta che la sento mi strazia e mi dà i brividi. Questa versione di Jeff Healey, comunque, ammetto che se la batte alla grande con la suddetta grazie al favoloso arrangiamento. Dritta dritta sull’mp3 anche questa. Ah, che goduria.
Hai un interessantissimo blog. Spero ti faccia piacere se verrò a trovarti spesso.
Buon pomeriggio Orofiorentino
Ti ringrazio, anzi, ti ringraziamo, siamo in due.
Io sono quello che ama la sintesi ma non la frequenta. Perchè lo fa invece Valeria che, mentre la sua testa macina informazioni e pensieri a velocità inaudite, in poche righe sa scrivere tanto, oserei dire tutto.
Attendiamo con trepidazione i tuoi commenti: Sempre positivi, naturalmente 😉
A presto
alessandro
Ale, sei un tesoro e il mio Cavaliere.
Ma non preoccuparti, sono abituata a passare inosservata 🙂
Non conosco la versione di Healey, ed in questo momento sto ascoltando altro, ma la versione cantata da Harrison e con l’incredibile assolo dell’ospite Eric Clapton contenuta sul White Album l’ho sentita ed amata per la prima volta a 12 anni.
Sono troppo snob se dico che mi accontento di continuare a venerare la versione originale?
Ti dirò…una punta di snobismo è salutare e, per come la penso io, è più una qualità che un difetto. 😉
L’associazione orgasmo/assolo è da standing ovation, condivido totalmente queste modalità di percepire la musica che ad altri possono sembrare da svalvolati.
Quell’assolo lì, e tutta la canzone che lo contiene, per me sono la traduzione sonora del termine “lacerante”, a danni di cuore e anima. Fra le prime ad avere avuto su di me un tale effetto ormai decinaie di anni fa (mi sa che era il ’78 o giù di lì, porc…!), quasi quasi mi prendo l’ispirazione per qualche post su RoadtoL, che ci sta a fagiolo…
Mi xmetto di consigliare oltre al whitealbum anche Abbey Road, uno dei dischi da salvare sull’astronave che abbandonerà il pianeta terra.
Mi unisco felice al grappolo di palloncini fluttuanti, come diceva Pennywise il clown di Kinghiana memoria ” …Qui voliamo tutti”.
L.
vedo che siamo sulla stessa lunghezza d’onda.
provvedo quindi subito ad aggiungere alla mia lista d’ascolto anche Abbey Road, chissà che mi provochi le stesse sensazioni, da standing ovation, come dici tu.
Grazie per il contributo, ci vediamo là sul soffitto.
a.
Io vi invito alla versione “Across The Universe”….
i brividi….
interessante scelta musicale, sei un blogger da seguire ;9 stef
Punto primo: alle volte nella vita si incontrano persone capaci di farti scoprire qualcosa che prima non conoscevi e, magari senza nemmeno rendersene conto, ti fanno un regalo enorme.
Nel mio caso era il 1990 e all’epoca le mie conoscenze musicali erano piuttosto limitate, però per fortuna il mio amico Michele se ne arrivò un giorno con una cassetta
(si, quelle che si ascoltavano con il walkman) su cui mi aveva registrato (con buona pace di tutti i copyrights) l’album “Hell to Pay” di Jeff Healey.
E fra tutti i pezzi rimasi molto colpito proprio da “While My Guitar Gently Weeps” (anche se l’intero album non era affatto male).
Così come per Alex, all’epoca non sapevo si trattasse di una cover dei Beatles (che ovviamente conoscevo di fama, ma della cui discografia mi limitavo a ricordare Help e Michelle),
ma, quando lo scoprii, il mio amico Michele (sempre lui), su mia richiesta mi fece a quel punto una compilation di pezzi del quartetto di Liverpool (di cui possedeva parecchi album).
Inutile dire che da allora in poi il mio amore per i Beatles divenne eterno (ancora mi flagello per non aver riconosciuto “l’ispirazione” del pezzo dei Natali Piccolini)
e soprattutto il white album (che contiene l’originale “While My Guitar Gently Weeps”) è tuttora ai vertici della mia personale top ten (preceduto forse solo da “Born to Run”, ma questo è un altro discorso)
Si, certamente la versione di Jeff Healey è più “grintosa” di quella originale e lui sicuramente è stato un grande chitarrista
(concordo in pieno con Alex quando dice che in pratica l’intero brano è un suo assolo continuo di chitarra), ma questa volta devo dire che personalmente amo di più l’originale
(il giro di basso di McCartney, pur nella sua assoluta semplicità, mi smuove qualcosa dentro ad ogni ascolto).
Punto secondo: alle volte nella vita si incontrano persone capaci di rendere così reale una descrizione al punto da farti “vivere” un determinato momento semplicemente raccontandolo;
questo è il dono di Alex. La scena del funerale con lui adolescente che invoca Veronica Louise Ciccone (perché di lei si trattava, vero? 🙂 ) io l’ho vissuta e so che suor Maria aveva anche un accenno di baffi…
Comunque sia, grazie per avermi fatto tornare alla mente Jeff Healey; la cassetta di Michele ce l’ho ancora da qualche parte, ma nel frattempo mi sto riascoltano online “Hell to Pay”.
E scusa se mi sono lasciato prendere la mano e questa volta il commento è lungo quasi quanto il post 🙂
Marco,
è sempre bello leggerti, davvero!
E questa ripetuta similitudine tra le cose che scrivi e quelle che io penso probabilmente mi spingerà a ‘fare il passo’ e ritornare agli originali dei Beatles (operazione di avvicinamento già iniziata in realtà perchè, non l’avevo detto – non sembra, ma prima di pubblicare cancello anche delle lunghe frasi per accorciare il pezzo – ma ho amato molto film e soudtrack di “Across the universe”).
Chissà se ne verrà fuori qualcosa per un futuro post. Sarebbe bello fare un’arringa appassionata che contraddice tutto ciò che ho scritto oggi.
D’altra parte, avrò il diritto di cambiare idea, no? (……ma perchè mi sto così scaldando?)
No, seriamente, mi riascolterò i Beatles, ma dimmi….da dove posso cominciare (non da “love me do”, please)
Per finire due precisazioni, in ordine crescente di importanza:
1) Confermo. Suor Maria AVEVA i baffi
2) Il mio post è più lungo del tuo (size matters)
HA!
Oscar Wilde diceva: “Non si è mai tanto sinceri come quando si è incoerenti”, quindi un post in cui sosterrai con vigore che la versione dei Beatles è meglio di quella di Healey ci sta assolutamente 🙂
Per quanto riguarda poi McCartney e soci (lo so, qualcuno avrebbe detto Lennon e soci, ma io parteggio da sempre per il vecchio Paul… ovviamente nonostante sia stato sostituito da un sosia dopo essere morto nel 1965), personalmente amo moltissimo l’album omonimo del 1968 (quello noto appunto come “white album”) che si apre con la strepitosa Back in the U.S.S.R. e include una lunga serie di pezzi “obliqui” che dovrebbero veramente piacerti. Poi c’è davvero l’imbarazzo della scelta, a mio giudizio, specialmente nella loro produzione post 1965 ovvero da Revolver in avanti (Sgt. Pepper e Abbey Road giusto per dire due cosette di poco conto…)
Insomma, ne vale la pena!
Per concludere:
1) Lo sapevo, si vedeva chiaramente anche dal fondo della chiesa…
2) Ovviamente ho ancora molto da faticare prima di avvicinarmi al maestro 🙂
Bene, vada per l’album bianco.
Chissà che mi piaccia, vorrei tanto essere una persona migliore. 😉
Grazie
grazie del passaggio sul mio blog! sulla scia del quale arrivo qui e trovo un blog musicale. Che bello!! Vi seguirò sicuramente…
Caro Uomo di Poche Parole, intanto mi scuso per il ritardo nel commentare questa tua nuova proposta, ma ero a pranzo con il management e, dai che ti ridai, ho fatto tardi ballando sul tavolo dell’amministratore delegato.
Per prima cosa: sai che anche per me l’ascolto originario di un brano mi dà un imprinting fortissimo, e non ricordo occasioni in cui successive versioni mi siano piaciute più di quella originale? Rifletto amaramente sulla mia (inesistente)flessibilità.
Allora… la canzone… sai che non so bene? Sicuramente la parte migliore sono l’intro, le strofe, i ponti e tutto quello che vuoi tu MA NON IL RITORNELLO (quando la voce va “in salire” mi parte un parallelo drammatico con una canzone dei Matia Bazar).
La chitarra in effetti è fenomenale, grande figo il ns. Jeff Healey… e però anche qui… mi pare un po’ tutto un “pezzo di bravura”. Grande Healey ma anche Grande Ego.
Per una volta, tra l’altro, sono io (e giuro non per ripicca) che sento che la canzone è datata (a prescindere dagli autori originari). Non che sia un male, si sa che la musica è come il maiale (non si butta nulla) ma questa canzone dice “sono vecchia” dopo pochi secondi.
In conclusione, 3 stelle (che, ricordo sempre, significa: proprio un bel pezzo), felice di averla sentita ma la mia giornata prosegue senza scossoni e quindi io lassù nell’angolo dei palloncini non ci sono, e buon per quelli che avrebbero dovuto stare sotto ad aspettare che scoppiassi e precipitassi su di loro.
Quello che mi ha cambiato la giornata invece è l’esperienza di quasi morte che ho vissuto: ho riso talmente tanto mentre immaginavo la scena di te in chiesa che continuavi a partire con la nota guida che sono diventata cianotica (ciò… o rido o respiro!).
Sì, ammetto, il sound della canzone ne rivela l’età meglio dell’esame del carbonio 14.
Ma peccato non ti piaccia il ritornello (ma d’altra parte tutti si sbaglia, e questa volta tocca a te), dovrò cambiare la suoneria del cellulare associata al tuo contatto.
Sulle assonanze con Matia Bazar: DIPENDE!
A quale trasfigurazione ti riferisci?
– Ai primi, con Antonella Ruggiero? Può andar bene. In una giornata di sole potrei considerarlo un complimento.
– Ai secondi, con Laura Valente? Può andar bene (“Piccoli giganti”, una delle mie preferite).
– Ai terzi e ai quinti (perchè se n’è andata e poi, venduto un solo disco da solista al postino del suo paese, è ritornata, e vanno anche a Sanremo, credo) con Silvia Mezzanotte? Non va bene per niente. Inorridisco a nome del buon Jeff, e con me inorridisce l’ambasciata ceca in Italia.
– Oppure (brrr) ai quarti, quelli con ‘la camionara’ (non ricordo il nome, forse neanche ce l’aveva.). Di sicuro non erano questi, in ogni cosa c’è un limite invalicabile.
Niente è semplice nella vita. Neanche i Matia Bazar.
Sull’esperienza liturgica: sembra inventato ma è tutto vero. Che spasso, eh?
No, non quelli con la camionara (che io adoravo :-)). Credo i primi con la Ruggiero, e sono quasi sicura che la canzone sia C’è tutto un mondo intorno. Al momento non posso verificare, ma sai che il mio istinto raramente mi inganna (come ad esempio l’altra sera durante la partita di Trivial Pursuit vinta dalla squadra della sottoscritta). Per cui vero, non è che le mie sinapsi bastarde abbiano creato il parallelo con Apicella, però non è bello ascoltare una canzone dei Beatles “rivisitata” da colui al quale tu tributi il secondo motivo per vantarsi di aver vissuto negli anni ’90 e trovarsi a canticchiare i Matia Bazar… C’è qualcosa di sbagliato (ammettilo!).
Sul fatto che tu invece creda che sia io a sbagliarmi, ti raccomando la ri-lettura di “Saperla lunga” di Woody Allen, capitolo “Il carteggio epistolare Gossage-Vardebedian” 😉
Ti dirò: prendendola da lontanissimo, c’è in effetti una vaga assonanza, una cosa ‘come omeopatica’ nel ritornello di questa e della canzone che citi dei Matia Bazar.
Naturalmente i Matia Bazar sono ‘venuti dopo’, quindi tranquillizziamo gli eredi di George Harrison: nessuno citerà nessuno, Al Bano ha già vinto la causa su quella canzone di Michael Jackson (chi l’avrebbe detto…) per cui la canzone italiana è già gonfia d’orgoglio.
Su Woody Allen, letto tutto! Ma c’è qualcuno di più figo di lui?
Qualcuno c’è, non più di lui ma come lui (qualche volta). E siamo io e te ❤
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